Le cronache sanitarie nipponiche registrano un’impennata anomala di casi influenzali che ha già colpito oltre seimila persone, spingendo più di cento istituti scolastici a interrompere le lezioni. A trainare questa ondata è il ceppo H3N2, vecchia conoscenza tra i virus stagionali, che però stavolta si presenta con un anticipo inusuale e una virulenza che inquieta l’intero continente asiatico. Non è la novità del patogeno a sorprendere, ma la sua imprevedibilità: la stagione influenzale non era mai scattata con un tale scarto rispetto al calendario canonico. E questo solleva interrogativi che ricordano, per dinamica e senso di déjà vu, le prime fasi del 2020, quando un virus respiratorio allora sconosciuto cominciò la sua marcia silenziosa da Wuhan.
Influenza d’autunno: un picco che arriva troppo presto
In genere, il Giappone assiste ai primi segnali dell’influenza tra fine novembre e inizio dicembre. Stavolta il picco si è materializzato con cinque settimane di anticipo, costringendo le autorità a lanciare un’allerta sanitaria nazionale. Un’anomalia che non ha precedenti recenti e che ha spinto gli epidemiologi dell’OMS di Melbourne a indagare le cause. Sul banco degli imputati salgono in ordine sparso il ritorno massiccio dei flussi turistici dopo la pandemia, i cambiamenti climatici che alterano la diffusione dei virus respiratori e un’interruzione prolungata dell’immunità naturale, soprattutto tra i bambini e gli anziani, rimasti poco esposti durante gli ultimi inverni.
Dall’Australia al Giappone: la traiettoria del virus H3N2
Il ceppo A-H3N2 ha già dato prova di sé nei mesi scorsi nell’emisfero sud. In Australia e Nuova Zelanda ha causato una stagione influenzale più lunga del previsto e con un alto tasso di contagio. Ora, come un’onda che risale la mappa, il virus sta colpendo l’Asia orientale. In Malesia il numero di infezioni cresce giorno dopo giorno, con scuole costrette a chiudere e migliaia di studenti confinati in casa. Il timore è che questa traiettoria possa estendersi anche verso l’Europa, spezzando la consueta stagionalità e anticipando l’epidemia influenzale con conseguenze difficili da gestire.
Italia in osservazione: segnali precoci e vulnerabilità post-pandemiche
Nel nostro Paese, l’influenza non ha ancora alzato la testa, ma gli indicatori suggeriscono che il rischio non è trascurabile. Il Servizio di epidemiologia del Piemonte rileva una progressione graduale dei casi di sindromi respiratorie già da diversi inverni, in un contesto in cui il SARS-CoV-2 ha continuato a circolare assieme a una miriade di altri virus. Secondo i dati diffusi nella primavera 2025, quasi un piemontese su quattro ha manifestato sintomi compatibili con l’influenza. L’impatto è stato particolarmente rilevante tra gli anziani, dove i casi sono raddoppiati. Una dinamica che, combinata alla decrescente efficacia della protezione vaccinale anti-Covid, potrebbe rendere la popolazione più esposta al prossimo assalto influenzale.
Strategie vaccinali e piccoli gesti per contenere l’epidemia
I virologi concordano: la vaccinazione resta il pilastro della prevenzione. Il vaccino antinfluenzale di quest’anno include i ceppi dominanti osservati in Australia e in Giappone, offrendo quindi una copertura mirata. Fondamentale resta anche il monitoraggio, con una sorveglianza integrata in grado di cogliere i primi segnali di escalation epidemica. Accanto agli strumenti medici, tornano utili le misure quotidiane: lavarsi spesso le mani, restare a casa in caso di sintomi, tutelare le persone più vulnerabili. Non è allarmismo, ma senso pratico: un virus che brucia le tappe non lascia molto margine di reazione.
Il passato non si dimentica: l’eredità del 2020
Quella che nel 2020 apparve come una crisi localizzata in Cina si trasformò in una pandemia globale in pochi mesi. Allora il salto di specie fece da innesco. Oggi, benché si tratti di un virus noto, la sua apparizione anticipata suggerisce che i modelli pre-pandemici non reggono più. Il Giappone diventa così un laboratorio a cielo aperto, una lente che permette di anticipare gli sviluppi di ciò che potrebbe diventare una nuova fase evolutiva dei virus stagionali. Una sfida che ci ricorda come, anche nel mondo post-Covid, la normalità sia un equilibrio fragile.
 
			



